Il borgo di Gordes

14 Agosto 2022
Il borgo di Gordes

Dall’alto della vallata riesco ad intravedere un folto gruppo di persone in equilibrio su scale a pioli, abbronzate e con in testa dei cappelli di paglia. È il momento della raccolta delle ciliegie, un rituale sacro da queste parti. I frutteti sono pieni di uomini, donne e persino ragazzini che raccolgono frutta, rossi di sole e sporchi di sugo di ciliegie. Alcuni sembrano sfiniti.

 

Posteggiata la macchina, Marion mi accoglie dietro il bancone de Le Mas de Romarins, l’hotel che ho scelto per i primi quattro giorni di viaggio. Ha un volto tipicamente francese, lineamenti gentili, occhi color nocciola e un garbo che (lo scoprirò con il trascorrere dei giorni) è tipico di questi luoghi e di cui sentirò terribilmente la mancanza al rientro in Italia.

 

Ho ripassato il mio francese scolastico negli ultimi giorni, dopotutto non lo parlo da almeno sei anni, dall’ultima volta a Parigi.

La vista dall’hotel è da togliere il fiato. Soprattutto la sera, all’imbrunire, quando le grandi piante dello spiazzo centrale vengono illuminate da una serie di piccole luci e qualche torcia. Si vede il borgo di Gordes arroccato su uno sperone di roccia, da qui. Nelle sere meno umide compaiono anche le lucciole. Erano anni che non ne vedevo una.

 

E’ in momenti come questo, di solitudine e silenzio, che ci si ritrova a pensare. A fare i conti con sé. Quando l’unico rumore di sottofondo è il canto delle cicale è facile domandarsi come si è arrivati sin qui. Ci sono attimi in cui i pensieri fanno a botte tra loro e si mescolano confusi e rumorosi. Sogni, aspettative, desideri. Il tempo offre prospettive inattese ed enormi spazi vuoti da riempire. O semplicemente con i quali fare i conti e imparare a convivere.

Passando davanti ad un café riconosco le note de La Bohème di Aznavour. Poco distante da qui un signore dall’espressione cupa gesticola animatamente al telefono. La verità è che mi affascinano le persone, fantastico spesso sulle storie dei passanti che incrocio per strada. Alcune volte appunto sulle note quel che vedo, mi aiuta a ricordare.

 

Poco fa scrivevo di due anziani seduti su un muretto di cemento che affacciava sulla vallata. Si tenevano per mano e io avrei voluto fotografarli, se solo la batteria non se ne fosse andata sul più bello… La tenerezza dei loro sguardi, dei gesti. Come quando la signora bevendo un sorso d’acqua si è bagnata il vestito e lui ha recuperato dalla tasca delle bermuda un fazzoletto bianco per aiutarla. Allora, mi dicevo, dopo tanti anni c’è ancora spazio per premure ed attenzioni?

 

A Gordes ogni cosa si muove a ritmo lento ed è esattamente ciò di cui ho bisogno. Essere qui riconcilia con con ciò che è rimasto alle spalle e con la frenesia di una vita che obbliga ad essere veloci, sempre sul pezzo, scattanti e pronti. Pronti a cosa, ancora non l’ho capito.

 

 

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