Fontaine de Vaucluse
Ora capisco perché Petrarca decise di trascorrere qui quindici anni della sua vita. Come dargli torto?
Ho letto per la prima volta di Fontaine de Vaucluse circa quattro anni fa. In quel periodo ero alla ricerca di spunti creativi per il romanzo ambientato in Provenza che stavo scrivendo. S’intitolava “Il bonsai è felice” e io desideravo che i protagonisti di quel viaggio si addentrassero nella parte più intima e folkloristica della Provenza.
Fontaine de Vaucluse è un borgo del Luberon, un villaggio antico, pittoresco e suggestivo, che si snoda lungo le sponde del fiume Sorgue.
Piazza delle due Colonne è una quinta privilegiata sulla meraviglia. Il viale in dolce pendenza conduce ad un laghetto scavato nella roccia da cui nasce la Sorgue e costeggiando il fiume circondati da una natura lussureggiante, le acque assumono le più diverse tonalità di verde e blu.
E’ prevista una festa, lo si capisce dal modo in cui il borgo è stato agghindato. I camerieri indaffarati servono intere tavolate di turisti arrivati sin lì da tutta la Regione, nella piazza principale un gruppo folkloristico si esibisce fuori dal ristorante affacciato sull’acqua che scorre copiosa proprio lì sotto.
Chiudo gli occhi, osservo l’altro lato della riva e per un attimo, un attimo soltanto, mi sembra di vederli. Sono i protagonisti del mio libro, del mio Bonsai. Ognuno è arrivato qui nel proprio tratto di strada, chi in pace, chi in piena tormenta. Sono cambiati, hanno qualche ruga in più sul volto e le scarpe consumate di passi. Sono stati felici, poi tristi, e poi di nuovo felici e poi ancora tristi. Hanno visto il buio e lo hanno attraversato per scoprire che alla fine di ogni galleria c’è spazio per uno spiraglio di luce. E non importa quanto sia breve quel frangente di luce. La cosa importante è che ci sia.
Non sanno che sono qui, non sanno che li sto osservando. Ma sembrano sereni, a guardarli bene. Epicuro, nel suo scritto “La felicità” sostiene che l’essere umano sia felice nell’imperturbabilità. Sarà, ma io la felicità l’ho scovata nei luoghi più impensati dell’anima. E quasi sempre dopo aver raddrizzato la barca un attimo prima del suo naufragio.

