I SOGNI FANNO RUMORE
Sette gradini e mi devo fermare.
Sette gradini, con calma, e riprendo fiato.
Rallentare non è il mio forte. Non so farlo con i passi, figuriamoci con i pensieri. Ma ho dovuto farlo, non avevo scelta, ora che persino tenere in mano il telefono per più di un minuto è diventato faticoso. Emanuela me lo ripete sempre: non devi fare, ma stare. E quando riesci a non alzare in continuazione l’asticella, non te la cavi affatto male.
«Nonna, mi annoio!»
Il bambino in coda davanti a me è stanco di aspettare e le tira la manica del cappotto.
«Ancora un po’ di pazienza.» risponde lei, scompigliandogli i capelli. «Facciamo il gioco della nebbia?»
«Ma non c’è la nebbia!»
«Fai finta che ci sia. Chiudi gli occhi, che cosa vedi?»
«Niente, nonna. Non vedo niente».
«Prova ancora, io vedo in fondo al reparto due giocolieri! Guarda che bravi a lanciarsi le palline! E guarda quell’infermiera con la bandana del Piccolo Principe e la tuta blu! Sembra uno dei supereroi che guardi tu alla televisione!»
«È vero nonna!» esclama il bimbo, strizzando gli occhi. « Lo sai che io vedo anche il mare da qui? La mamma e il papà stanno facendo il bagno, io costruisco il castello di sabbia per la gara!»
«È bellissimo il tuo castello di sabbia, vincerai di sicuro!»
«Sogna, Matte.» gli sussurra la nonna. «Sogna forte che i sogni fanno rumore».
Sorrido mentre una delle infermiere si avvicina al bimbo invitando lui e la nonna ad entrare. Lo stesso capita a me pochi istanti più tardi. Compilo il modulo, tessera sanitaria, e mi avvio verso il corridoio. Nella stanza accanto, ritrovo il bambino con la nonna. Il piccolo se ne sta seduto con gli occhi chiusi mentre l’infermiera si occupa di lui. Stringe con le manine, forte forte, la sedia.
«Voglio tornare a casa» dice.
«Sogna, Matte» gli sussurra la nonna. «Sogna forte che i sogni fanno rumore».
Ora è il mio turno. Entro nella stanza, mi siedo sulla sedia e aspetto che quel piccolo tampone mi venga passato prima in bocca e poi nelle narici. Sono stanca, dopo un po’ stare in piedi diventa faticoso. Serro gli occhi anch’io, quel gioco infondo mi è piaciuto. Vedo me da piccola, con i miei occhiali tondi e gli occhi verdi grandi. Sto giocando con una bambola, è la Rosina. Vedo anche la nonna con il suo grembiule sporco di sugo, le mani impastate di farina e patate, il rossetto sulle labbra. Discreta, generosa, educata all’amore. E’ lì, a vegliare su di me come ha sempre fatto.
«Sogna, nanì» mi sussurra, pizzicandomi dolcemente la guancia. «Sogna più forte che i sogni fanno rumore».