Il dono della riconoscenza

16 Giugno 2020
ANDREA ZAGHENI:
IL DONO DELLA RICONOSCENZA

 

 

I primi ricordi che ho di Andrea sono legati ad uno spettacolo di paese organizzato in occasione della tradizionale sagra di Settembre. Un bambino di cinque anni dagli occhi scuri ed espressivi e occhialetti tondi che lo facevano somigliare vagamente ad Harry Potter.

 

 

“Che cos’hai fatto di bello, Andre?” gli chiedevo spesso.

“Ho giocato con le pile e le lampadine delle biciclette.”

 

 

Giocare, per Andrea, significava fingere di costruire impianti elettrici chiuso in una piccola casetta nel giardino della nonna Franca. Ora, trovatelo voi un altro bambino di quell’età che anziché giocare ai videogiochi e guardare cartoni animati, si appassiona di elettronica. Oggi Andrea è cresciuto, ha da poco compiuto vent’anni ed è un tecnico elettronico, lavora in una ditta che produce impianti hi-fi. Nel tempo libero, esattamente come da piccolo, fermo proprio non ci sa stare. Ho scoperto per caso quello di cui si sta occupando, l’ho scoperto da un messaggio su una chat di gruppo che recitava:

 

“Andre, riesci a farmi avere una delle tue mascherine?”

"
Sono vivo grazie a quei medici che lavorano in prima linea, che non si lasciano scoraggiare davanti alle difficoltà, che si aggrappano alla vita e così t’insegnano a fare altrettanto. Dovevo trovare un modo per sdebitarmi con loro e finalmente l’ho trovato.

 

Tutto inizia esattamente un anno fa quando Andrea si ritrova ricoverato nel reparto di Pneumologia dell’Ospedale Maggiore di Cremona con una brutta – brutta davvero – polmonite. Medici e infermieri si occupano di lui giorno e notte, non lo lasciano solo un secondo e dopo diverse settimane Andrea riesce a riprendersi e a tornare a casa.

 

“E’ stata un’emozione incredibile tornare a vivere la mia quotidianità, non ero più abituato.” sorride. “Ormai i volti più familiari erano quelli delle persone che mi curavano ogni giorno. Me la sono vista brutta, se non fosse stato per loro non so come ne sarei uscito.”

 

Il tempo passa, Andrea torna alla sua vita, riprende il lavoro, esce con gli amici. Tutto perfettamente normale fino al giorno in cui il Covid-19 entra nelle nostre vite come l’imbucato ad una festa che nessuno ha invitato. Andrea scopre per caso un video su YouTube in cui un gruppo di ragazzi di Varese invitano chi è in possesso di una stampante 3D a produrre mascherine da donare a chi è in prima linea nella lotta al virus. E lui, una stampante 3D ce l’ha. Il suo pensiero corre immediatamente al reparto dell’ospedale in cui ha trascorso tanto tempo, al dottor Maestrelli e alle persone che coraggiosamente continuano a svolgere il loro lavoro. Si mette all’opera con l’aiuto della mamma Michela, produce 200 mascherine che dona gratuitamente a Croce Rossa, Croce verde, Cremona Soccorso, Carabinieri di Vescovato, Polizia Stradale, 100 per il reparto di pneumologia dell’Ospedale Maggiore, 150 per l’Opera Pia di Castelverde.

 

“Quante mascherine riesci a produrre al giorno?” gli chiedo.

 

“Ottimizzando la stampa riesco a farne una ogni 15 minuti. E cerco di utilizzare anche materiali adeguati. La plastica usata per i supporti è una plastica riciclata, derivata dallo scarto del mais, quindi biodegradabile, non tossica durante la fusione.”

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